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1 giu 2012

Saverin rompe il silenzio: "Di Zuckerberg posso parlare solo bene"

Il brasiliano co-fondatore di Facebook ha rilasciato alla rivista Veja la prima intervista dopo il "siluramento" dal network
FEDERICO GUERRINI
Eduardo SaverinLa versione di Eduardo. Il trentenne Saverin, co-fondatore con Mark Zuckerberg di Facebook, è uscito per la prima volta dall'ombra. Dopo anni trascorsi senza rilasciare interviste, da quando nel 2005 fu estromesso con un trucco societario da qualsiasi ruolo decisionale nella rete sociale, ha scelto Veja il più diffuso giornale del Brasile, il paese in cui è nato e dove ha vissuto fino all'età di dieci anni, per raccontare la sua "verità".

Fra i motivi del gesto, c'è probabilmente anche una questione di immagine. Il giovane miliardario è stato costretto a uscire alla scoperto dopo che, alla vigilia della quotazione in Borsa di Facebook, la stampa Usa ha rivelato come Saverin, lo scorso settembre, abbia rinunciato alla cittadinanza americana, mossa che in molti hanno interpretato come uno stratagemma per evitare le richieste fisco Usa. Negli Usa, dove gli evasori non godono di particolari simpatie, la cosa non è andata giù a molti, quasi che il povero (si fa per dire) Eduardo avesse tradito l'America, non restituendole quanto ha ricevuto.

"Le tasse non c'entrano – ha dichiarato a Veja – la decisione è stata basata sul mio interesse a lavorare e vivere a Singapore", città in cui Saverin risiede dal 2009. Il padre Roberto, che dal Brasile emigrò negli Stati Uniti nel 1992 e finì per fondare a Miami un'azienda che esporta prodotti farmaceutici ha rincarato la dose: "è stata dura anche per me, per via della vita che mi sono costruito negli Usa, sapere che Eduardo aveva dovuto rinunciare alla cittadinanza. Ma non aveva scelta, a Singapore ci sono molte restrizioni complicazioni burocratiche per gli stranieri con passaporto americano".

E a Singapore Saverin figlio si trova più che bene: è da lì che dirige i suo investimenti e fa crescere il suo piccolo impero finanziario. Accanto a poco meno del 2 % delle azioni di Facebook, che oggi vale all'incirca 2 miliardi di dollari, possiede delle quote in varie startup europee, asiatiche e americane. Fra le più note Qwiki, sorta di versione visuale e parlata di Wikipedia e Jumio, un servizio di pagamenti in mobilità. L'altro grande tema dell'intervista concessa a Veja è stata la rispondenza delle vicende raccontate nel film The Social Network a quanto accaduto nella realtà.

Dopo aver bollato la pellicola come "un prodotto di Hollywood, non un documentario", Saverin ha smentito di aver mai tirato, in un eccesso di rabbia, un notebook addosso a Zuckerberg e ha pure negato che la famiglia sia dovuta emigrare in America dopo essere apparsa in una lista di possibili bersagli dei sequestratori brasiliani. In realtà fu solo molti anni dopo il loro arrivo in nord America che il nome del nonno di Eduardo, Eugenio Saverin, famoso commercianti di abiti per bambini di San Paolo, apparve in un elenco simile.

Per l'ex sodale, Eduardo ha parole di considerazione e stima: "Posso parlare solo bene di Mark, verso di lui non nutro alcun risentimento. È stato un visionario, ha sempre saputo che Facebook sarebbe cresciuto soltanto mantenendosi fedele alla sua idea centrale, quella che le persone si presentassero senza pseudonimi. È la grande forza di Facebook, quella che ha permesso che si trasformasse in uno strumento, come in Egitto, ma anche d'affari, oltre al contatto naturale con gli amici".

Il tempo sutura tutte le ferite, insomma. L'imprenditore brasiliano non avrà contribuito fattivamente all'evoluzione di Facebook, ma è diventato miliardario lo stesso. E il denaro è un ottimo cicatrizzante.

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