Metti mi piace

22 giu 2012

Benessere e produttività a picco con gli uffici open space


Difficile concentrarsi, fastidiosa la mancanza di privacy: per vivere e lavorare meglio, sì a spazi definiti per le conversazioni

MILANO - Gli uffici open space vanno tuttora per la maggiore. Costa meno realizzarli, si risparmia spazio e secondo i fautori facilitano la comunicazione fra i lavoratori, migliorando la collaborazione e lo scambio di idee. Peccato però che sempre più studi dimostrino che pochi amano lavorarci, perché il brusio delle chiacchiere distrae, manca una pur minima privacy e ben presto l'unico desiderio è strozzare il proprio vicino di cubicolo.

RUMORI – Il problema maggiore, stando a un'indagine condotta dal Berkeley's Center for the Built Environment su 65mila lavoratori di tutti e cinque i continenti, è l'acustica scadente: un impiegato su due si lamenta di essere costretto a lavorare immerso in una specie di alveare ronzante di dialoghi altrui. In più se si vuole parlare con qualcuno ci si sente "osservati" dai colleghi che, trovandosi a pochi centimetri di distanza, possono ascoltare allegramente i fatti nostri. Risultato, succede in molti casi esattamente l'opposto di quanto sperato: altro che facilitare gli scambi, secondo Anne-Laure Fayard, docente al Politecnico dell'università di New York che ha studiato a lungo l'argomento, negli open space le conversazioni diventano più superficiali e inutili perché non vorremmo condividerle con altri diversi dal nostro interlocutore. In più il bisogno di privacy si fa sentire rendendo la vita assai più complicata: chi vuole parlare in privato spesso finisce per rintanarsi al bagno e, se bisogna discutere una questione delicata col vicino di scrivania, non di rado lo si fa per sms o email.

CONCENTRAZIONE – C'è di peggio: oltre a sentirsi "spiati", negli open space si lavora male perché il vocio distrae: una ricerca dell'Istituto Finlandese di Medicina del Lavoro ha dimostrato che essere esposti alle conversazioni altrui riduce dal 5 al 10 per cento le performance cognitive che richiedono l'impiego di memoria a breve termine, per esempio leggere, scrivere o anche concentrarsi su un progetto creativo di qualsiasi natura. «Il rumore è forse il problema più serio negli uffici open space e le conversazioni sono il tipo di suono che arreca maggior disturbo proprio perché viene immediatamente "registrato" dalla memoria di lavoro del cervello», spiega l'autore, Valtteri Hongisto. Così, negli ultimi tempi si cerca di porre rimedio ai fastidi con qualche "trucco": una compagnia di software statunitense ha creato un sistema che produce "rumore rosa" ovvero un ronzio simile a quello dei sistemi di ventilazione ma che è pensato per essere identico alle frequenze della voce umana. Il sistema è stato sperimentato per tre mesi in un'azienda all'insaputa dei lavoratori e poi "spento" improvvisamente: gli impiegati si sono immediatamente lamentati, anche se non sapevano definire esattamente cosa fosse cambiato. Il sistema infatti consente di non essere distratti da conversazioni che si tengono oltre i sei metri di distanza, di norma si riescono invece a sentire (e ne veniamo disturbati) anche dialoghi fra persone lontane da noi quasi venti metri. In alternativa, gli esperti suggeriscono di prevedere delle zone divise da separé dove ritirarsi per i colloqui coi colleghi: sarebbero meglio delle stanze riunioni, che vengono percepite come troppo formali (darsi appuntamento in una stanza a parte fa subito pensare che si stia nascondendo qualcosa o si voglia parlare di un problema). Una zona di separé, dove ci sia privacy ma non troppo perché comunque si può continuare a vedere gli altri ed essere visti, sembra insomma il compromesso migliore per poter avere conversazioni davvero private senza allo stesso tempo disturbare i colleghi.

Nessun commento: