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22 mag 2012

L'altra America senza regole dove lo spionaggio è business


Servizi, aziende, gruppi, esperti, organizzazioni, istituti e think tank che si muovono nell'ombra. Tutti impegnati in attività di spionaggio che spesso sfuggono al controllo governativo Usa e le cui dimensioni sono difficilmente immaginabile. Le inchieste dei maggiori quotidiani Usadi PAOLO PONTONIERE

SAN FRANCISCO - E' un mondo a parte. Animato da servizi, aziende, gruppi, esperti, organizzazioni, istituti e think tank che si muovono nell'ombra. Tutti impegnati in attività di spionaggio che spesso sfuggono al controllo governativo Usa e le cui dimensioni sono difficilmente stimabili anche dagli esperti di sicurezza. L'influente periodico online Salon.com scrive che il fenomeno ricorda il maccartismo al tempo della Guerra fredda e i complotti organizzati dal Cointelpro (un braccio illegale dell'FBI) negli anni Sessanta contro chi si opponeva alla guerra in Vietnam. 

La situazione è di una tale gravità che anche il Washington Post, giornale dell'establishment conservativo e terzo quotidiano statunitense, ne ha denunciato i pericoli dedicandogli un'inchiesta ad hoc. "La crescita smisurata e sregolata del Security and Surveillance Industrial complex (il complesso industriale di sorveglianza e sicurezza statunitense, un neologismo che la stampa ha coniato ispirandosi a quello creato da Eisenhower per definire il nascente military-industrial complex agli albori della Cold War, ndr), non ha precedenti nella storia del paese e dovrebbe invitare a riflettere sull'impatto che avrà sul futuro del paese", spiega Joel Skousen, esperto di sicurezza di World Affair Briefs

Il manipolo di ufficiali all'interno del Dipartimento della Difesa (il ministero incaricato di controllare il settore) ai quali è stato affidato il compito di monitorare le operazioni riservate condotte negli Stati Uniti alla fine ha confessato di essere totalmente sopraffatto dalla quantità di queste iniziative private.

John R. Vines, un generale di fanteria che nel 2006 comandò il corpo d'armata alleato d'occupazione in Iraq, è tra quelli più preoccupati. "Non sono al corrente di nessua istituzione che abbia l'autorità, la responsabilità o un metodo per controllare tutte le operazioni di controterrorismo e di sicurezza nazionale condotte in questo momento da organismi che lavorano per le agenzie e da aziende private", ha dichiarato di recente Vines. "La complessità di questo sistema sfida la comprensione al punto che non è nemmeno possibile stabilire se questa azioni ci stiano rendendo più o meno sicuri".


I numeri fanno paura. Quasi seimila organizzazioni - di cui duemila private - che raccolgono informazioni e fanno monitoraggio di tutti i tipi, quando non sono direttamente incaricate di condurre operazioni di ordine pubblico. Circa 10.000 installazioni supersegrete dedicate alla sorveglianza e alla raccolta dei dati personali degli americani e al controllo delle loro attività, sia sul web che nella vita privata.

Una rete di spionaggio che ha un impatto militarizzante sulla geografia del paese, istituendo centri di sorveglianza non solo nei nodi nevralgici della nazione ma anche nel cuore agricolo e rurale degli Usa. Un network dalle diramazioni tentacolari che ha trasformato gli Stati Uniti in un misto di gulag elettronico e prigione a cielo aperto nella quale i cittadini sono tutti sotto osservazione. 

Un settore che non conosce crisi. Oltre un milione i nuovi addetti, a partire dall'11 settembre del 2001, ogni anno si producono più di 50.000 rapporti riservati, che nella maggioranza dei casi finiscono coll'essere ignorati "ma che comunque servono ai politici per impaurire il pubblico", spiega Dana Priest, una dei due autori della serie del Post. 

Duecentomila consulenti privati con le security clearance più alte che esistano. Quelle che danno per intenderci accesso ai segreti di Stato, a fatti che si discutono nella situation room alla Casa Bianca. Solo a Washington, per ospitare questi nuovi centri di monitoraggio si stanno costruendo uffici che occuperanno una superfice equivalente a quella di 27 nuove Capitol Hill, l'edificio che ospita la Camera statunitense. E questi numeri darebbero, secondo Skousel, un'immagine solo superficiale delle dimensioni mastodontiche raggiunte negli ultimi 10 anni in America dal settore dello spionaggio interno.

"L'inchiesta del Washington Post fa vendere il giornale, ma in quanto a svelare quello che realmente sta succedendo in segreto non scalfisce nemmeno la superficie", afferma Skousen. "Cose come il reclutamento, l'addestramento e la gestione delle operazioni di spionaggio sul suolo americano. A livello domestico queste coinvolgono solo lontanamente i nemici reali del nostro paese. Bersagliano invece prevalentemente alleati e dissidenti. Spesso si tratta di patrioti che il governo teme perché un giorno potrebbero opporsi al totalitarismo montante che sta investendo il paese".

E di questo clima di caccia alle streghe stanno facendo le spese sopratutto i dissidenti politici e le minoranze etniche e religiose. Terroristi potenziali come i membri del Twin Cities Anti War Group - un comitato pacifista - di Minneapolis e Chicago che a settembre sono finiti di fronte a un Gran Giurì per attività terroristiche commesse nel 2008. 

Le attività in questione? Prendere parte a una delle tante manifestazione di protesta che si tennero al Congresso Repubblicano di quell'anno. A fare la soffiata era stata una certa Karen Sullivan, una talpa che l'Fbi aveva fatto entrare nell'organizzazione con l'incarico di provocare un intervento delle forze dell'ordine. "S'è presentata come una lesbica con una figlia adolescente e una relazione difficile con la partner", ha dichiarato Jess Sundin, uno dei pacifisti arrestati. "Una storia simpatetica che ci siamo bevuti senza difficoltà".

Il caso dei Newburgh Four. Una sorte simile spesso tocca ai musulmani che frequentano le moschee dei quartieri degradati alla periferia delle città americane. Gente come i Newburgh Four, quattro afroamericani di uno dei quartieri più poveri di Newburgh, una città della Hudson Valley a una sessantina di chilometri da New York. 

I quattro sono stati denunciati alla polizia prima che potessero commettere attentati. A svelare i loro piani è stata una soffiata di Shahed Hussain, un informatore dell'Fbi in quella che il network projectsalam.orgdefinisce una strategia deliberata del Bureau che mira ad incriminare coloro che frequentano le moschee del paese. 

All'Fbi invece la chiamano "strategia di controllo delle probabilità statistiche". Ovvero la verifica empirica che le proiezioni statistiche formulate dagli analisti dell'agenzia rispetto ai focolari potenziali di dissenso politico siano corrette. E così informatori ben pagati come Hussain vengono inviati nelle moschee statunitensi per scovare terroristi in erba offrendosi di finanziare i loro attentati. 

La strategia ha funzionato in questo caso. Poveri, illetterati, neri e con trascorsi penali, i quattro s'erano fatti ammaliare dai regali di Hussain e dall'offerta di 250 mila dollari per commettere un attentato. Uno dei quattro risulterà poi essere affetto da gravi disabilità cognitive. 

E' andata diversamente nel caso di Khalifah al-Alkili, un trentaquattrenne di Pittsburg. Qui la strategia si è in parte rivolta contro la stessa Fbi. Giovane ed esperto delle nuove tecnologie, al-Alikili non solo è riuscito a smascherare Hussain ma ha anche chiesto aiuto al quotidiano britannico The Guardian. Ma il tutto non gli è servito ad evitare il carcere. A marzo di quest'anno al-Alikili è stato arrestato con l'accusa di simpatizzare per i talebani.

L'orecchio della Nsa. Secondo Skousen, la rete di sorveglianza messo a punto dalla National Security Agency, l'agenzia segreta più segreta degli Stati Uniti, ogni 24 ore intercetta oltre 1,7 miliardi di comunicazioni personali degli americani. Una media di sei comunicazioni quotidiane per ogni statunitense vivente, incluso i neonati, gli infermi e gli incarcerati. Un oceano di email, telefonate, messaggini, bill board posting e conversazioni di cellulare che vengono poi distribuite alle agenzie più disparate per analisi e possibili azione. 

Se si trattasse solo di agenzie governative, giornali come il New York Times e il Washington Post non avrebbero niente da ridire. Ma gli analisti dei due prestigiosi quotidiani americani sono preoccupati proprio dal fatto che una buona parte della sorveglianza la conducono aziende private.  

Secondo Democracy Now, un buon terzo delle operazioni di sorveglianza e enforcement a stelle e strisce le conducono contractor privati e agenzie sconosciute. Ne sono consapevoli per esempio i membri di Occupy Oakland, il ramo californiano di Occupy Wall Street, che non di rado scoprono d'essere stati bersagliati o arrestati da addetti alla sicurezza di organizzazioni sconosciute. 

Questa constatazione è stata addirittura usata da Jane Quan, sindaco della città californiana, come una scusa per scaricare il barile delle responsabilità negli incidenti che portarono al ferimento grave da parte delle forze dell'ordine di due manifestanti nelle operazioni di sgombro che si tennero l'ottobre scorso. In piazza, ha detto il sindaco a chi gli chiedeva di dimettersi, erano presenti ben 17 agenzie tutte con le loro armi e i loro addetti. Ragion per cui era impossibile, aveva affermato, stabilire con precisione chi avesse sparato e con quale tipo di arma. 

Nella lista dei privati pubblicata dalla Priest nel reportage Top Secret America figurano i soliti ignoti del settore guerrieri privati: aziende come la Raytheon; la Booz Allen Hamilton: la L-3 Communications: la Csc; la Northrop Grumman; la General Dynamics, la Blackwater e la Saic, che esibiscono bilanci da miliardi di dollari. Quello che stupisce di più però è che un buon 70 per cento sono aziende che fatturano meno di cento milioni di dollari e raramente superano il centinaio di addetti. A dimostrazione che la sicurezza ormai negli Usa è un "affare di famiglia", condotto in gran parte da piccole aziende, che fannobackground check, controlli fiscali, intercettazioni telefoniche e internet, analisi mediche. 

Un labirinto di appaltatori e sub-appaltatori che lavora sia per le agenzie governative - dalla National Security Agency ai dipartimenti di polizia dei trasporti delle città più sperdute - che per le banche, le industrie, le scuole e i datori di lavoro. Eh sì, perché adesso negli Usa i controlli sui potenziali dipendenti lo fanno anche i piccoli negozianti.

E queste aziende non solo spiano ma fanno anche policying. Aiutano cioè il governo e il congresso americano a definire le risorse da allocare per attività delle quali è oramai quasi impossibile stimare l'estensione, il valore o l'efficacia ma che potrebbero assorbire già oggi un buon 20 per cento del Pil statunitense. Nel caso degli addetti ai lavori poi la spinta a produrre è stimolata dagli incentivi economici. 

Con salari minimi che veleggiano sui 90 mila dollari l'anno e incentivi legati al volume di dati prodotti e delle condanne ottenute, è comprensible che questi continuino a sfornare analisi, rapporti su possibili attentatori, avvisi di reato, mandati di perquisizione e ordini d'arresto preventive a iosa. "E' difficile che queste attività non abbiano un impatto profondamente negativo sulla nostra cultura e sulla maniera in cui viviamo", ha osservato sconsolata di recente la Priest durante un'intervista alla National Public Radio

Intanto, forte del suo successo di pubblico, Top Secret America, che ha un suo sito internet ed ha fruttato un premio Pulitzer ai suoi autori, è arrivato anche in libreria.

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