Lo scoop del settimanale Hvg travolge la prima carica dello Stato, criticato anche per la sua vicinanza al discusso premier Orban
LO SCANDALO - Da settimane Pal Schmitt era sotto i riflettori. L'opposizione ha ripetutamente chiesto le dimissioni di questo stretto alleato del discusso primo ministro Viktor Orban. Alla fine della scorsa settimana, lo stesso premier era parso separare la sua posizione da quella di Schmitt, sottolineando che eventuali dimissioni dovevano essere frutto di una scelta personale. La vicenda parte venti anni fa, nel 1992, quando l'ex olimpionico di scherma ottenne il suo dottorato di ricerca con una tesi sui programmi olimpici. Il settimanale Hvg rivelò che l'80 per cento della tesi sarebbe una ricopiatura di uno studio del ricercatore bulgaro Nikolai Georgiev e, in alcuni parti, del tedesco Klaus Heineman. Su 215 pagine, solo 18 si potrebbero dire certamente farina del sacco di Schmitt. Diciassette 17 pagine, invece, verrebbero da una ricerca di Klaus Heineman. Il resto dallo studioso bulgaro. Sia la figlia di Georgiev che Heineman hanno smentito la versione di Schmitt, per cui quelle citazioni sarebbero venute da lavori comuni: mai l'attuale presidente avrebbe collaborato con loro.
LA COMMISSIONE - Dopo la rivelazione, l'Università Semmelweis ha creato una commissione ad hoc che, pur prendendo atto del fatto che gran parte dello studio di Schmitt era fatto di citazioni non riportate in bibliografia, ha concluso che il plagio non vi sarebbe stato. Conclusione, questa, rovesciata il 29 nmarzo dal Senato accademico dell'Ateneo, che invece ha strappato il titolo di dottore di ricerca al presidente. Il quale, dal canto suo, domenica ha detto alla radio pubblica Kossuth che la decisione del Senato accademico non sarebbe legittima in base alle normative attuali. La vicenda di Schmitt ha un parallelo in Germania, dove, lo scorso anno il ministro della Difesa Karl-Theodor zu Guttenberg si dovette dimettere per una vicenda analoga. Pensando a questo caso, la scorsa settimana anche l'Economist scrisse, con sarcasmo, che in un altro paese «il presidente starebbe in questo momento scrivendo la lettera di dimissioni o cercando una lettera da copiare». Alla fine le dimissioni sono venute. A voce.
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