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27 gen 2012

L'FBI apre un bando per mettere a punto una app in grado di monitorare i social network


Il super analizzatore, insomma, come lo immaginano gli analisti federali, dovrebbe integrare dinamicamente informazioni e contenuti provenienti da più fonti per poi elaborarle, anche graficamente, sovrapponendole a mappe.

Secondo quanto scrive l'FBI sul suo sito, "i social media sono diventati una fonte primaria di intelligence perché si sono tramutati nella più importante risposta ad eventi chiave e nel luogo dove si addensano informazioni circa lo sviluppo di  possibili situazioni di rischio".

I "Federali" sottolineano che l'applicazione dovrebbe elaborare informazioni solo da "fonti aperte", riuscendo ad effettuare ricerche per parole chiave, ad esempio, suFacebook e Twitter.

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Inoltre, l'FBI vorrebbe avere un software in grado di geolocalizzare i diversi livelli di minaccia con delle bandierine su delle piante, eventualmente utilizzando una codifica per colori in modo da distinguere priorità.Google Maps e Yahoo Maps 3Dsono indicati come le opzioni  "preferite" per la mappatura.

Un'altra funzione richiesta è la traduzione istantanea dei  tweet da ogni lingua straniera all'inglese.

L'FBI nella sua "call" ha chiesto agli eventuali appaltatori di suggerire possibili soluzioni ed includere l'eventuale budget.

Naturalmente, scoppia subito la polemica intorno alla questione della privacy: attivisti difensori dei diritti alla riservatezza si sono detti "fortemente preoccupati" che strumenti di questo tipo possano avere implicazioni per la libertà di parola e il diritto alla privacy.

Gus Hosein, direttore della ONG Privacy International, con sede a Londra, ha detto che "i social network servono a mettere in contatto fra di loro le persone, quindi se una persona diventa il bersaglio di attività di monitoraggio della polizia, si creerà un effetto 'retata' in cui decine, persino centinaia di utenti innocenti, finiranno sotto sorveglianza".

L'FBI si difende dicendo che, essendo "postata" sui social network, l'informazione estrapolata sarebbe, in realtà, informazione pubblica ma non specifica se il software sarebbe in grado, ad esempio, di "crackare" i profili chiusi di Facebook.

Hosein ha anche aggiunto che "non necessariamente il possesso di una mole tanto grande di informazioni da parte delle forze dell'ordine porterà una maggiore sicurezza: secondo l'attivista, "la polizia potrebbe ritrovarsi travolta da una marea di dati personali [...] inutile ai fini della prevenzione della criminalità".

Come diceva un famoso politico italiano, "a pensare male si fa peccato, però spesso ci si prende": viene da riflettere anche sul perché l'FBI abbia scelto una call aperta e pubblica, tramite il proprio sito, per mettere a punto una application così importante. Mancano forse i fondi per pagare i propri tecnici? E chi impedirebbe ad una agenzia di intelligence "ostile", ad esempio l'FSB, di creare una squadra per poi inserire un bug nell'application in grado di distorcere i dati o di monitorare il sistema dei Federali?

Forse, dunque, l'obiettivo del "bando" dell'FBI potrebbe rivelarsi, in realtà, quello di raccogliere, gratuitamente, delle belle idee che possano aiutare i propri tecnici a sviluppare un software proprietario che, essendo segreto, nessuno potrà mai verificare se frutto di una di quelle idee inviate dagli "smanettoni" ai federali.... In questo caso, oltre ad una violazione della privacy, l'FBI violerebbe anche i diritti d'autore.

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