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3 set 2011

iPhone5, smarrito prototipo rischio farsa per la Apple


Un dipendente avrebbe smarrito, come già successe lo scorso anno, una versione di prova del nuovo melafonino. La notizia fa immediatamente il giro del web: sarebbe stato venduto su un sito per 200 dollari. Ma possibile che sia successo di nuovo? I dubbi della rete

CI RISIAMO. Ma questa volta nessuno sembra crederci veramente. Come è possibile perdere una seconda volta un prototipo del nuovo modello di iPhone, un mese prima della sua presentazione ufficiale all'universo-mondo? Da non crederci. E a dire il vero nemmeno Ctnet, il sito americano che ne ha dato la notizia, sembra fornire prove inconfutabili al riguardo. 

Per giunta, le dinamiche del fattaccio sembrerebbero le stesse di un anno e mezzo fa: un dipendente della Mela passa la serata in un locale, ha in tasca un prototipo dell'iPhone 5, beve qualche bicchiere di troppo e, quando si tratta di tornare a casa, dimentica distrattamente sul tavolo l'ultimo erede, ancora da svezzare, della sacra famiglia Apple, lo spirito santo in carne e ossa della iTrilogy (iPod-iPhone-iPad), su cui si regge il grande culto della Mela morsicata. 

Un sacrilegio per l'azienda e un tesoro per chi lo ritrova. Se non fosse che – per una banale legge del teatro o per una delle tante regole non scritte del marketing – è bastato ripetere lo stesso copione andato in scena un anno prima, perché la tragedia si sia trasformata in poche ore in farsa. Tanto da scatenare online una vorticosa girandola di ipotesi e dietrologie: un finto scoop per distrarre l'attenzione del pubblico da altri annunci di Cupertino? Per lasciarsi alle spalle le dimissioni di Jobs da amministratore delegato? Per alimentare l'attesa e scaldare il pubblico in previsione della (probabile) presentazione a inizio ottobre dell'oggetto misterioso?

D'altra parte era già successo il 19 aprile 2010, giorno in cui il sito americano Gizmodo aveva pubblicato in anteprima 1, con tanto di foto e all'insaputa di Steve Jobs & soci, un resoconto completo sul nuovo gioiello di casa Cupertino: in quel caso Gizmodo era entrato in possesso per cinquemila dollari di un prototipo dell'iPhone 4 - che la Apple avrebbe presentato non prima del 7 giugno seguente - dopo che era stato ritrovato in un pub, dimenticato da un ingegnere della società per colpa di due birre di troppo.

Uno scoop internazionale che al sito era valso milioni di click, notorietà, visibilità, ma anche una denuncia per appropriazione indebita di merce rubata, l'irruzione della polizia in casa del giornalista che aveva firmato l'articolo, due processi (uno nelle aule del tribunale della Contea di San Mateo e l'altro sulla pubblica Rete), l'assoluzione in entrambi i casi, e infine il bando perpetuo da qualsiasi evento organizzato da Apple sulla faccia della Terra. 

Steve Jobs in persona lo aveva fatto capire fin troppo bene: "Non lascio perdere – aveva confessato pubblicamente al giornalista del Wall Street Journal, Walt Mossberg, durante la D8 Conference di giugno – non posso davvero farlo, piuttosto lascio Apple". Una dichiarazione di guerra che era suonata più che sinistra alle orecchie del povero Jason Chen, autore dello scoop, ma che in realtà era sembrata piuttosto un chiaro e poderoso avvertimento a chiunque avesse voluto replicare l'affronto.

E invece. Eccolo qui, servito su un piatto d'argento, l'affronto divenuto sberleffo, il secondo capitolo di una saga apparentemente senza fine, ma che rasenta il ridicolo: l'iPhone (lui), ormai venduto online e di cui si sarebbero perse le tracce; Apple (lei), che finora non ha voluto rilasciare commenti; e l'attuale possessore del prototipo (l'altro), localizzato elettronicamente grazie allo smartphone, in una casa di due piani nel quartiere di San Francisco, Bernal Heights, dove però, a seguito di una perquisizione della polizia e di alcuni investigatori assoldati da Apple, non si sarebbe trovato nulla. 

In mezzo a tutto questo, le comparse: come ad esempio la stessa polizia di San Francisco che, ufficialmente, non ne sa niente e anzi ha dichiarato per bocca del suo portavoce di non aver ricevuto nessuna denuncia per un iPhone perso in un bar. 

O ancora, il proprietario del locale dove sarebbe andato perduto, Jose Valle, mai contattato né da Apple né dalla polizia, il quale però si ricorda di un uomo che gli avrebbe insistentemente telefonato nel mese di luglio, chiedendogli se era stato trovato un iPhone nel suo bar. Per non parlare dello stesso sito di offerte online, Craiglist, su cui sarebbe stato veduto il prototipo per 200 dollari, che però non ha risposto alla richiesta di commentare la cosa. 

E infine "gola profonda", ovvero la fonte citata profusamente dai giornalisti che hanno dato la notizia. La sola a tenere insieme una storia che, però, fa acqua da tutte le parti.

A questo punto che dire? Da quando Steve Jobs è tornato alla Apple nel 1997, la società di Cupertino è famosa per la sua riservatezza, ma anche per le indiscrezioni che l'hanno costantemente accompagnata in occasione del lancio di ogni nuovo prodotto. Sull'una come sull'altra Steve Jobs & co. hanno creato un impero. 

Alcune di queste indiscrezioni si sono rivelate vere e proprie fughe di notizie come nel caso di Gizmodo o diThink Secret 2, molte altre altre volte si è trattato di informazioni pilotate, come testimonia un ex senior manager del marketing Apple, John Martellaro, che nel 2010 spiegava 3: «Spesso Apple ha bisogno di fa uscire una notizia in modo non ufficiale, e il modo in cui funziona è che un dirigente viene da te e ti dice: "Abbiamo bisogno di rendere pubblica questa specifica informazione. John, hai un amico fidato che possa farla uscire su qualche giornale importante? Se è così lo chiami, e ci parli. Distrattamente, poi, fai menzione a queste informazioni specifiche e aggiungi che sarebbe bello venissero pubblicate. Ma mi raccomando: niente email!"». 

Che sia anche questo il caso? O dobbiamo dare credito ai due reporter, autori dello scoop? Indro Montanelli amava ripetere ai suoi: "Quando scrivete un pezzo, non state lì a pensare troppo su come iniziare, la prima cosa che vi viene in mente, al 99% dei casi, è quella giusta". Già, ma rimane pur sempre quell'1%. Che corrisponde nel nostro caso alla domanda, tanto semplice quanto diabolica: e se fosse vero?

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