Metti mi piace

19 ago 2011

'Pensioni d'oro? Ce le teniamo' ecco i parlamentari che affrontano la crisi



"Non è tagliando i nostri vitalizi che si risolvono i problemi economici dell'Italia", dicono in coro gli ex parlamentari pizzicati dall'inchiesta dell'Espresso. Pochissime le autocritiche e qualcuno si rifiuta di rispondere

(15 agosto 2011)
2307 vitalizi erogati, un esercito di pensionati che costa ogni anno allo Stato 200 milioni di euro. un esercito di pensionati che costa ogni anno allo Stato 200 milioni di euro. Parlamentari che riscuotono la pensione già a cinquant'anni, anche per un solo anno di legislatura. Calciatori, industriali, giornalisti, professori universitari, principi del foro con uno stipendio che oscilla dai 1.700 ai 7 mila euro al mese, nonostante molti di loro continuino a lavorare. "E' sbagliato", " se l'aboliscono sarebbe una bella cosa", fanno sapere alcuni suggerendo "una sostituzione con i contributi figurativi". Ma per altri "è giusto" ed "è una cazzata pensare che cancellando il vitalizio si riducano i costi della politica". Insomma nessun privilegio, anzi. Perché ridurli comporterebbe persino il rischio "di proletarizzare i parlamentari". 

Ecco alcune delle reazioni all'articolo inchiesta de l'Espresso sull'eldorado pensioni: 


Oliviero Diliberto, segretario dei Comunisti italiani, ex ministro della Giustizia, uscito di scena nel 2008 dopo il tonfo elettorale della sinistra, a soli 55 anni percepisce 5.305 euro netti. Una pensione che si va aggiungere al suo stipendio da professore universitario di diritto romano all'Università La Sapienza, ma per lui: "è sbagliato che ci sia il vitalizio. Dovrebbe essere sostituito con i contributi figurativi, in modo da non perdere gli anni dedicati alla politica quando si va in pensione". Non sappiamo come Diliberto utilizzi gli oltre cinque mila euro di vitalizio, ma ci tiene a far presente la sua magnanimità: "Con la liquidazione dell'indennità parlamentare, 150 mila euro, ho creato una biblioteca a Roma di diritto romano e cinese". 

Paolo Cirino Pomicino, protagonista della prima e della seconda Repubblica, negli anni Ottanta ministro democristiano del Bilancio e della Funzione pubblica, oggi dirigente dell'Udc di Pierferdinando Casini, trova l'argomento tedioso. Il problema non è certo il suo vitalizio da 5.934 euro. "Che noia. E' una banalità dinanzi al Paese che brucia. Geronimo (lo pseudonimo che Pomicino usa per Libero e Il Giornale n.d.r.), quando scriveva, riceveva di più di quello che è lo stipendio da parlamentare. Perché non mi dite quanto prende di pensione un direttore di giornale? E non ditemi che si tratta di aziende private, visto che diamo un miliardo di euro di soldi pubblici alla stampa italiana. E' giusto parlare di riduzione dei costi della politica, ma ridurre stipendi e vitalizi dei parlamentari significa solo proletarizzarli per meglio comprarli. Si iniziasse piuttosto eliminando gli orpelli burocratici, come le province e alcune circoscrizioni, e liberalizzando il contributo dei privati ai partiti". 

Secondo Vittorio Dotti, ex avvocato di Fininvest e capogruppo di Forza Italia nel '94, uno dei primi ad abbandonare Berlusconi e la carriera politica "c'è molta demagogia sulla questione vitalizi. Non si tratta di una regalia, i parlamentari versano i contributi per averli e di certo, in un periodo in cui sono necessarie riduzioni dei costi, sarebbe più opportuno parlare di altri tagli alla spesa pubblica". Per l'avvocato milanese inoltre "sarebbe un'ingiustizia far pagare le colpe dell'attuale classe politica, sempre più travolta da scandali e da mal governo, agli ex parlamentari". 

Cesare Salvi, senatore dei Ds fino al 2008, insigne giurista e alfiere della lotta contro i costi della politica, tanto da aver scritto cinque anni fa insieme a Massimo Villone "Il costo della democrazia. Eliminare sprechi, clientele e privilegi per riformare la politica", con i suoi 5.346 euro al mese di pensione, ha le idee chiare: "Occorre un passaggio al sistema contributivo e l'ho già denunciato anni fa nel mio libro. Basta con gli scandalosi trattamenti di favore. Ad ogni modo guadagnavo di più facendo l'avvocato che la vita politica". 

Per Tiziana Parenti, forzista della prima ora, ex magistrato che indagò sulle tangenti rosse, oggi avvocato a Roma, non è un privilegio senza ragione: "il vitalizio è giusto perché io ho rinunciato al mestiere di magistrato per fare politica. Avrei guadagnato tre volte di più a fare il magistrato". Semmai, secondo Titti la Rossa, 3.190 euro di pensione per i suoi dieci anni di contribuzione, il problema è che "il vitalizio non è indicizzato e come avvocato non vedrò mai la pensione perché servono quarant'anni di contributi".

Nessun commento: